Riforma pensioni quota 100, quali i tagli alle pensioni per il 2024
L’introduzione della quota 100 pensioni rappresenta un’importante opportunità per i lavoratori che desiderano accedere alla pensione in anticipo. 38 anni di contributi e 62 di età sono i requisiti da soddisfare per lasciare il lavoro con cinque anni di anticipo rispetto a quanto previsto per la pensione di vecchiaia.
Ovviamente all’accesso anticipato al pensionamento corrisponde un taglio dell’assegno previdenziale. Decurtazione che può intaccare fino a un quarto dell’assegno (25%) se il richiedente accede al prepensionamento con 62 anni di età e con 38 anni di contribuzione.
Quanti invece optano per opzioni di prepensionamento può moderate, applicando la quota 100 pensioni a 64 anni ad esempio, riducono la percentuale che viene sottratta dall’assegno. Mediamente in questi casi il taglio al trattamento previdenziale si colloca tra il 12% e il 16%. È quanto emerge da un’analisi recentemente condotta da Aon.
Pensione quota 100 penalizzazioni: i dati aggiornati al 2024
L’indagine ha considerato la situazione di sei lavoratori (con carriere differenti) iscritti dall’Inps da quando avevano 24 anni di età. Tutti i sei hanno all’età di 62 anni retribuzioni annue lorde comprese tra 30 mila e 150 mila euro. Un quadro eterogeneo che serve a considerare le penalizzazioni della quota 100 pensioni per la maggior parte dei profili professionali oggi esistenti.
Il risultato è che smettere di lavorare a 62 anni comporta, a fronte di una annuale di 30 mila euro, un taglio della pensione pari al 22%. Il lavoratore che invece percepisce una retribuzione di 150 mila euro si vedrà applicare una penalizzazione del 28%.
La ragione di tale aumento è da ricondurre al fatto che dai 62 ai 67 anni il lavoratore aumenta il montante contributivo. Al momento del pensionamento poi si gode dell’applicazione di un migliore coefficiente di trasformazione.
In ogni caso prima di avviare le procedure per il prepensionamento è consigliabile valutare con attenzione l’importo dell’assegno futuro. In particolare chi percepisce redditi ridotti rischia di ritrovarsi con una pensione troppo bassa per poter mantenere il tenore di vita che aveva negli anni di lavoro.
Rischio evidenziato dai tassi di sostituzione, ovvero dal rapporto tra la prima pensione annua maturata e l’ultima retribuzione percepita. Tassi che vanno dal 60% per le carriere meno dinamiche a circa il 40% per i profili più brillanti.